Don Angelo Colacrai, ssp

Don Alberione e la Bibbia

Come un “santo” legge e vive la Bibbia

Antecedenti storici (1545‐1909) 

Per capire il pensiero di Alberione sulla Bibbia è utile ambientare le sue idee e iniziative a partire dal concilio di Trento fino agli inizi del 1900.

Il concilio di Trento (1545‐1563), mettendo in guardia con rigore dalle istanze principali della Riforma (dai suoi cinque ʺsolaʺ: 1. Sola Scriptura ‐ con la sola Bibbia; 2. Sola Fide ‐ con la sola fede; 3. Sola gratia ‐ con la sola grazia; 4. Solus Christus ‐ soltanto Cristo; 5. Soli Deo Gloria ‐ per la gloria di Dio solo) di fatto fa scomparire la traduzione della Bibbia dalle case dei cattolici italiani per circa quattro secoli.

La prima vera traduzione in italiano, dal testo latino, quindi ufficiale della chiesa cattolica che aveva dimenticato le lingue originali (ebraico/aramaico e greco) era stata quella dell’abate camaldolese veneziano Nicolò Malermi (o Malerba o Manerba, 1442-1481) nel 1471. Lʹopera circolò come unica versione autorizzata per circa due secoli, avendo Paolo IV proibito nel 1559 ogni altra traduzione.

Prima del concilio di Trento, anche un umanista toscano, Antonio Brucioli (Firenze, ca. 1498 – Venezia, 5 dicembre 1566), nel 1532 aveva tradotto dal latino in toscano la Bibbia, ma la sua versione fu nel 1559 messa nell’Index librorum prohibitorum creato nel 1558 per opera della Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione…

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